1. L'argomento in breve - secondo il mio modesto parere
    Milano, l'indignazione sociale ai tempi del capitalismo

    AvatarBy Souji Okita il 3 May 2015
     
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    Milano e l'indignazione sociale




    Ciò che mi preme dire riguardo agli eventi di Milano del primo Maggio non possono rappresentare una fazione ideologica, perché rispondere agli eventi senza averlo sperimentato con inutili papelli di indignazione sociale, mi sembra disonestà giornalistica.
    Tuttavia, ancora una volta il mondo dei media (virtuali e non) banalizza le questioni etiche rendendole l'ennesima contrapposizione di idee stantie e poco coraggiose. Cercherò, come ho sempre fatto, di analizzare la questione in modo semplice e personale.

    Una delle primissime reazioni che mi interessa trattare, è ovviamente la diretta esperienza dei cittadini milanesi, che hanno risposto al presunto attacco alla civiltà con un: “Milano non si tocca”. Potrei stare ore e ore a copiare e incollare stati e articoli provenienti dall'amata informazione made in facebook, sommerso in questi giorni da uno strano patriottismo cittadino dal sapore nordico e vagamente padano.
    Gli accusatori si ritengono, evidentemente, dei modelli comportamentali da seguire, visto l'indignazione generale.
    Vedono in fiamme la loro amata città e si chiedono cosa mai avrà fatto la povera signora, che aveva parcheggiato davanti casa, per meritarsi di perdere la propria auto. Una domanda legittima, umana. Eppure prima di sbandierare la parolina “senso civico” a destra e a sinistra (letteralmente e non) forse prima bisognerebbe guardare nelle proprie tasche e chiedersi: cosa faccio io per migliorare la mia amata città? Quale comportamento estremista può essere pacifico al cento per cento e allo stesso tempo rovesciare il sistema radicato? Ovviamente l'atteggiamento dei cosiddetti vandali si ripercuote sulla cittadinanza stessa e chi sacrificherebbe i propri beni o la propria sicurezza per gli ideali degli altri?
    Il problema alla base è che i “guerriglieri ignoranti” sono un prodotto sociale esattamente come l'indignato di turno, provengono dallo stesso cestino marcio: lo stato capitalista.
    L'indignazione dovrebbe allora ripercuotersi sui milanesi stessi, la gestione della città, la politica regionale, l'apparato governativo e amministrativo.
    La spettacolarizzazione della battaglia sociale diventa vana quando si colpiscono degli “innocenti”. Ma quanti di noi sono effettivamente senza peccato? Facile sconcertarsi per l'inciviltà e buttare migliaia di mozziconi di sigaretta per terra, tanto ci mettono solo svariate migliaia di anni per decomporsi. Perché non è possibile mettere queste due cose sullo stesso piano? Perché i cittadini onesti e rispettosi dell'ambiente circostante si indignano per tale sopruso e nel privato si sentono di potersi trattare come meglio vogliono?

    Il problema maggiore dell'evento è che il mondo dei media ha lasciato per l'ennesima volta (volutamente) indietro l'origine di tutto questo.
    Chiediamoci cosa sia il degrado sociale, la completa mancanza di cultura, di interessi di un' informazione libera.
    Solo rabbia e ignoranza. Tuttavia la situazione sociale che produce questi effetti è marcia ben più a monte del ragazzetto con la molotov.
    Signori miei, è l'ora di guardare alla realtà, cosa state sperando? In una rivoluzione composta e borghese? La continua lotta per la costruzione di uno stato ritenuto civile secondo i canoni dell'amato Occidente? L'Occidente è un protagonista, un'idea errata, fasulla, non naturale che amplifica le differenze, che divide i popoli. Pensare a un “modo civile di vivere” è un'utopia contemporanea, inutile. E i media, come al solito, fanno spettacolo, costringono le persone a mettersi volutamente da una arte o dall'altra, parti che per la verità non esistono, facendoci credere che siano dalla nostra di parte, che il governo disapprova, che è contro lo stato una guerriglia di ignoranti e di qualunquisti. Ci permettono di distogliere l'attenzione dal complesso mondo globalizzato che ci incatena, dandoci però un computer. Ovvero la possibilità di partecipare attivamente all'indignazione generale della città “politically correct”.

    Il milanese che scrive: “Milano non si tocca” ha lo stesso identico padre del no global col casco che urla: “Distruggiamo tutto”.
    Non sono comportamenti diversi, valgono allo stesso modo, non perché non ce ne sia uno più o meno sbagliato dell'altro, ma perché provengono da un problema più grave, più grande di noi che non riusciamo a sconfiggere perché ci aiuta. Nella disperazione e nell'ignoranza ormai si trova il giusto peso delle cose. Perché finché il mondo ti rende povero, ma ti da la possibilità di comprare un Iphone, facendoti credere che sia utile, ti controlla, rendendoti sostanzialmente libero.

    Per concludere, mi sarebbe piaciuto poter leggere o ascoltare opinioni diverse dagli stessi milanesi “colpiti” da questa violenza ingiustificata. Qualcuno che possa aver superato la diatriba giusto o sbagliato e avesse chiesto: cosa pensate vada davvero fatto a questo punto, considerando cosa produce la società in cui viviamo?
    Andare oltre mi sembra possibile e non vorrebbe dire giustificare dei comportamenti piuttosto che altri, ma attivarsi almeno con pensieri coerenti.
    Vi lascio con una definizione del concetto di egemonia espressa da Gramsci, che specifica bene cosa intendo dire:

    Egemonia, non è sinonimo di dominio, di coercizione, di ideologia unilaterale, di ‘lavaggio del cervello’, ma rappresenta un equilibrio storicamente determinato fra dominio-forza-coercizione e direzione-consenso-persuasione (‘società civile’). È una guida intellettuale-morale generata da un insieme di valori e credenze attraverso le quali il mondo viene percepito, organizzato e acquista significato. Il processo è doppio fra gruppi sociali dominanti e gruppi sociali subalterni attraverso il quale: a) un gruppo sociale dominante articola, dissemina e impone la propria ‘visione del mondo’ in tutta la società b) un/dei gruppo/i subalterno/i si confronta, interiorizza, ridefinisce, contesta la ‘visione del mondo’ del gruppo dominante (…) L’efficacia di un’egemonia dipende dalla capacità di farla interiorizzare da parte dei gruppi subalterni e di offrire dei vantaggi anche per loro in modo da garantirne la riproduzione attiva, spontanea, ‘naturale’.

    -Anotnio Gramsci, Quaderni dal carcere (1929-1935)
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