Replying to L'argomento - secondo il mio modesto parere

  • Create account

    • Nickname:
  • Enter your Post

    •              
           
       
      FFUpload  Huppy Pick colour  HTML Editor  Help
      .
    •      
       
      Clickable Smilies    Show All
      .
  • Clickable Smilies

    • :huh:^_^:o:;):P:D:lol::B)::rolleyes:-_-<_<:)
      :wub::angry::(:unsure::wacko::blink::ph34r::alienff::cry::sick::shifty::woot:
      <3:XD:*_*:];P:XP:(:=)X):D:>.<>_<
      =_=:|:?3_3:p:;_;^U^*^^*:=/::*::b::f:

  •   

Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 21/3/2015, 16:25
    Ca' Foscari Short Film Festival - secondo il mio modesto parere

    -Il volontariato e le aspettative-



    La quinta edizione dell'evento organizzato da studenti e professori dell'università Ca' Foscari di Venezia. Un'iniziativa che in questi anni ha riscosso notevoli apprezzamenti. Un progetto che coinvolge scuole di cinema e giovani registi inseriti nel contesto di un concorso internazionale. Numerosi i programmi speciali e ospiti di fama mondiale.
    La sua nascita ha portato al coinvolgimento di moltissimi studenti desiderosi di dare una mano e proprio su questo aspetto mi interesserebbe analizzare alcuni punti. Il rapporto che c'è tra il volontariato e il festival come trampolino o palco per una professione futura. Gli eventi culturali che funzionano ci danno speranza, rincuorano quei giovani con voglia di fare che vedono nel futuro l'ombra del precariato e della disoccupazione. Tuttavia, qualsiasi manifestazione culturale nasce e muore in sé stessa, si auto-attribuisce (almeno inizialmente) un percorso artistico che dovrà poi convincere un pubblico maggiormente critico.
    A questo tipo di livello organizzativo vedere l'occasione come un'opportunità è esagerato, diciamo che, dal mio punto di vista, l'evento in sé è positivo finché potrà essere ripresentato l'anno successivo. Dal punto di vista di chi si propone, c'è ben poco da sperare, ma questo rispecchia il naturale percorso di una situazione di questo tipo. Cercherò quindi di analizzare qualche punto nello spiegare la mia opinione.

    1) La riuscita dell'evento e il lavoro di squadra
    Grazie a cosa l'evento riesce ogni anno? Rispondere che sia il lavoro di squadra è un pochino pretenzioso. La riuscita di un evento simile è la partecipazione di personaggi (anche emergenti) che interessano l'universo cinematografico. Sarebbe sciocco non ammettere che la risonanza di un nome rispetto a un altro fa la differenza, come lo fa l'internazionalità dei corti. Ciò che appare evidente, è che l'intero festival si incentra sulla presentazione e la scoperta di lavori artistici poco conosciuti o silenziosi. Dal punto di vista degli studenti volontari che partecipano all'allestimento non c'è un'effettiva occasione. Restano bravi stagisti con la voglia di sentirsi operai fondamentali per la riuscita del tutto. In parte è così, ma crea allo stesso tempo un'idea poco realistica del concetto di partecipazione attiva. Mi spiego meglio, i lavori assegnati agli studenti comportano in minima parte la necessità che siano effettivamente capaci nel fare qualcosa. Se non c'è il ragazzo A può essere facilmente sostituito dal ragazzo B, essendo la partecipazione libera, ovviamente non c'è una selezione in merito. Difatti, il coordinamento nei vari gruppi, al contrario, è assegnato a chi ha esperienza o sa effettivamente fare il proprio lavoro. Quindi si potrebbe correggere la risposta e dire che, effettivamente, non è il lavoro di squadra che permette la riuscita dell'evento, ma il coordinamento, gli ospiti e il numero dei volontari, cosicché anche il ragazzo B può eventualmente avere il sostituto ragazzo C.

    2) Volontari vs Pagati
    E se tutti i ragazzi che partecipano ricevessero un pagamento per il proprio operato? Quando un evento culturale viene gestito autonomamente e senza compenso, è più facile che l'obbiettivo sia il fare qualcosa e non i soldi. Se da una parte questo può sembrare positivo, allo stesso tempo può andarsi a creare una situazione in cui l'unico modo per raggiungere il proprio scopo sia la gratificazione ricercata nell'approvazione degli altri. Per semplificare, se all'interno di un gruppo tutti venissero pagati, la voglia di lavorare sarebbe commisurata alla voglia reale. Se so che mi basta lavorare tre ore per guadagnare 3 euro e facendone 4 ne guadagnerei comunque 3 è più facile decidere di lavorare le ore che bastano al raggiungimento della gratificazione. Ovviamente, vorrei precisare che grazie al cielo le persone sono diverse e non tutte fanno questo ragionamento, diciamo che sto proponendo un'ipotesi che deriva dalla mia piccola esperienza.
    Riprendendo il discorso, se un gruppo di persone lavora senza sapere quando arriverà la gratificazione, sarà spinta a fare il più possibile per sentire la propria fatica ripagata. Legittimo. Tuttavia, questo rischia di schiacciare il merito a favore di altri mezzi. Perché secondo questa prospettiva, chi nel primo caso si sarebbe accontentato dei 3 euro e delle 3 ore si sentirà in dovere di ricevere qualcosa. A quel punto chi alza la mano per primo è il benvenuto, aldilà di chi sia la mano. Partire dal presupposto che il volontariato sia positivo in quanto tale è giusto, ma nel contesto di un' associazione/evento culturale crea questo tipo di problema, che in fondo non danneggia davvero nessuno, tranne chi continua ad avere aspettative reali.

    3) La competizione e il merito
    Riguardo al merito è impossibile che il volontariato ne tenga conto. Già a livello lessicale prescinde dalla decisione di qualcuno rispetto a un altro. Nel momento in cui nessuno è costretto a fare qualcosa, ma può farlo, non può esserci selezione. Dare l'opportunità a tutti di mettersi alla prova spontaneamente è una buona cosa, ma permettere a tutti di credere di essere in grado di fare tutto solo grazie all'esperienza o alla partecipazione è per lo meno poco credibile. La competizione che si genera in queste occasioni tra gli organizzatori è puramente apparente. Come dicevo, chi prima arriva, in un modo o nell'altro, meglio alloggia in certe occasioni. La voglia di fare si può facilmente trasformare nella voglia di dimostrare che si ha voglia di fare, il che è diverso. La competizione si scontra col merito e questo è un fatto che socialmente è visibile in diversissimi ambienti. È innegabile.
    Gode di una sottile ironia questo mio pensiero, perché da una parte il volontariato in ambito culturale aiuta la libera espressione, dall'altro aiuta la libera espressione anche di chi sa come “vendere” le proprie capacità e accrescerle con l'atteggiamento piuttosto che con i fatti.
    Ma a questo punto mi pare opportuno considerare un altro punto che è: ma allora che occasione è per gli studenti aiutanti?

    4) L'utilità reale e le aspettative
    Non voglio poter essere io a decidere cosa debba essere utile o meno. Ma mi pongo sulle questioni con domande e risposte, non solo con delle domande, altrimenti non avrebbe senso esprimere la propria opinione. Questo evento, come qualsiasi altro, risulta utile nel momento in cui lascia qualcosa a chi lo segue e a chi lo organizza. Qualcosa che abbia a che fare con l'argomento che propone, ovvero il mondo del cinema. Ma in merito solamente agli studenti universitari che hanno partecipato dal basso, serve semplicemente a confrontarsi un po' con se stessi e con le proprie capacità. Capacità che si scontrano con i problemi di cui ho parlato precedentemente. Le aspettative non ci sono. Il fatto stesso che il lavoro fatto sia volontario e gratuito delegittima agli occhi del mondo del lavoro la sua stessa qualità. Credo che quasi nessuno di noi abbia mai pensato al festival come a un trampolino di lancio ed è giusto così. Ma proprio in relazione al fatto che è un' avventura culturale e “accademica” forse dovrebbe esserlo. Forse un progetto universitario che coinvolge così tante persone potrebbe essere un palco su cui esibirsi e trovare una strada futura. Il problema maggiore di questa cosa è come trovare un'organizzazione tale da riuscire a realizzare le aspettative, anche solo culturali, degli studenti volontari. Un'organizzazione che non sia un “lavoro fatto in classe”, ma un percorso di comunicazione ad ampio raggio che aiuti i giovani a sviluppare nuove abilità e competenze per il futuro. Perché il prestigio o la fama del festival non assicura la sua riuscita. Concludendo...

    Sostengo con forza l'idea che la possibilità e la conoscenza debbano essere messe al servizio di tutti, ma che sia il merito a decidere con quali limiti farci scontrare. Aspettative reali in occasioni reali, bisognerebbe dare la possibilità ai giovani di portare avanti la cultura, di trasformarla, ma con criterio, con costanza. In definitiva sto cercando di dire che se da una parte ho trovato questo evento interessante e ben concepito, dall'altra mi sono scontrata con quello che alla fine è il riflesso della società in cui viviamo. Ambizione, competizione, aspettative e lavoro. Se si riuscisse a far convivere tutti gli aspetti positivi di questi concetti si potrebbe raggiungere una qualità adatta a tutti. Non solo per il pubblico né per le università, ma per aiutare le persone individualmente, concedendo loro la possibilità di capire se stessi nella collaborazione con gli altri.

Review the complete topic (launches new window)